Giorgio Agamben

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Si tratta apparentemente di una natura morta, che rappresenta delle briciole di pane. Il silenzio, che emana  dalle nature morte,  è ancora accresciuto dal dominio del fondo bianco, che, come diceva Kandinski, è il colore del silenzio. Ma, a ben guardare,  se si tiene fisso lo sguardo in questo silenzio, il vero tema del quadro è  il bianco, quasi che le briciole siano state lasciate cadere sulla tela soltanto per farlo apparire. E, infatti, il quadro fa parte di una serie di tele che l’artista ha dipinto negli ultimi mesi, in ognuna delle quali uno o due oggetti campeggiano su un  fondo bianco. Questi oggetti, come le briciole, proiettano un’ombra a testimoniare della realtà dello sfondo. Non di un fondo però  si tratta, quanto piuttosto della cancellazione di ogni fondo. Il bianco non è un colore deposto sulla tela per esaltare   gli oggetti rappresentati, come il fondo scuro negli Stilleben olandesi campisce le ostriche, il pane e la frutta in primo piano. Non c‘è fondo in questo quadro , c’è soltanto la nuda tela, il puro luogo della pittura. Ed è questo  che emerge in primo piano, attraverso le briciole che si pongono docilmente al suo servizio, così reali   che un soffio di vento potrebbe di colpo farle sparire. La pittura- sembra suggerire l’artista- non è una finestra albertiana, attraverso la quale appare la realtà che l’occhio del pittore percepisce. Il gesto del pittore è quello che chiude questa finestra vanamente spalancata, per far apparire al suo posto la tela stessa, il bianco, abbagliante aver luogo della pittura.